Venti secoli ci separano da quella straordinaria notte di Betlemme. Venti secoli ma il 25 dicembre è, ancor più di prima la notte di tutte le notti: le capanne e i presepi si accendono ancora dovunque.
Questo da quando (ed era il 24 dicembre 1223) San Francesco chiese al Papa Onofrio III la dispensa dal divieto di recitare e rappresentare le cose sacre, imposto da Innocenzo III qualche anno prima. Ottenuta la dispensa nacque, nella grotta di Greccio, il presepio.
Francesco parlò alla grande folla accorsa e vide per un attimo materializzarsi nelle sue braccia il Bambino. Da quel miracolo ebbe origine il fenomeno straordinario di diffusione del culto della natività, da rivedere ogni anno con amore.
Da allora artisti famosi hanno immortalato la Santa Notte: Giotto, Jacopone da Todi, Nicola e Giovanni Pisano Arnolfo di Cambio, che creò in terracotta le figure dando vita cosi al primo vero presepio in tre dimensioni. Questa arte del costruire e rappresentare la nascita di Gesù dilagò dall’anno 1300, in tutta l’Europa, ed ora è conosciuta e amata in tutto il mondo.Perché il presepio rappresenta il mondo con la sua fatica e la sua bellezza, con la grande luce del Cristo posta nella fragilità della capanna, ammonendo che la forza dello spirito può sempre liberarsi vincente se guidata dall’amore e dalla poesia. Ed è poesia quella che da tanti anni si ripete intorno al S. Natale; è poesia l’opera laboriosa e appassionata di grandi e piccoli artisti che costruiscono prima e allestiscono poi in ogni casa questa straordinaria magia.
Ma sorge spontanea una domanda: si dice presepe o presepio? E che differenza c’è tra presepe e presepio?
Il primo termine, derivato da Virgilio, sta ad indicare la stalla, mentre il secondo ripreso dal latino tardo della Vulgata, rimanda alla mangiatoia nella stalla. Già a partire dal Cinquecento la voce presepio è molto più diffusa di presepe e viene utilizzata per riferirsi all’intera Natività. Oggi si può affermare che entrambi i termini sono corretti ed esprimono lo stesso significato.
Quando ci si interroga sull’uso corretto di una parola o di una forma fanno fede quelli che sono definiti i “buoni scrittori”: allora, si può adoperare indifferentemente l’una o l’altra forma, come si preferisce.
Alla fine, l’importante è che lo si faccia, il presepe, o, se si preferisce, il presepio.